mercoledì 11 luglio 2018

RECENSIONE: RESTO QUI




Titolo: Resto qui
Autore: Marco Balzano
Editore: Einaudi
Prezzo di copertina: € 18,00
Anno di pubblicazione: 2018


Sinossi
Curon, Val Venosta, anni Venti. Trina è una ragazza figlia di contadini, che conduce una vita semplice divisa tra lo studio, le amicizie e i lavoretti che aiutano mamma e papà a mandare avanti il maso dove abitano. Siamo in Sudtirolo, terra di confine che l'Italia ha appena strappato all'impero austriaco, dove ancora si parla il tedesco e l'appartenenza alla nuova nazione non si è ancora radicata nel cuore degli abitanti. Il sogno di Trina di diventare una maestra si infrange quando Mussolini rende obbligatorio l'uso della lingua italiana, costringendola a tenere lezioni clandestine nei fienili e nelle cantine (le cosiddette "scuole delle catacombe"), col rischio, se scoperta, di essere prima picchiata e poi mandata al confino. Usare il tedesco rappresenta infatti per i fascisti un atto di ribellione alla loro autorità e un tradimento nei confronti della nazione, mentre agli occhi di Trina e dei suoi compaesani è semplicemente l'unica lingua che abbiano mai conosciuto, quella dei padri e dei nonni, e nulla vieta che i due idiomi possano coesistere.
Un giorno che cercavo di fargli imparare una poesia pensai che se non me l'avessero fatto odiare dal profondo delle viscere era una bella lingua, l'italiano. A leggerla mi sembrava di cantare. Se non l'avessi meccanicamente associata a quegli sbruffoni dei fascisti forse avrei continuato a canticchiare le canzoni che avevo ascoltato dal grammofono di Barbara [...] e forse anche Maja avrebbe fatto così e anche i contadini e tutta questa valle nel tempo sarebbe diventata un crocevia di gente che si sa intendere in più modi e non un punto incerto d'Europa dove tutti si guardano di traverso. Invece l'italiano e il tedesco erano muri che continuavano ad alzarsi. Le lingue erano diventate marchi di razza. I dittatori le avevano trasformate in armi e dichiarazioni di guerra.
L'arrivo dei nazisti complica ulteriormente le cose, spingendo molti compaesani a trasferirsi in Germania con la promessa da parte di Hitler di essere ricompensati con terre e animali. Ma nel frattempo Trina si è sposata, e il marito Erich non ne vuole sapere di abbandonare quel posto che rappresenta le proprie radici.
- Perchè vuoi stare qui se rimarremo senza lavoro, se non potremo più parlare tedesco, se distruggeranno il paese?
- Perchè qui ci sono nato, Trina. Ci sono nati mio padre e mia madre, ci sei nata tu, ci sono nati i miei figli. Se ce ne andremo avranno vinto loro.
La decisione di restare costerà loro la perdita di una figlia, un primo arruolamento di Erich per la guerra e una fuga disperata dei due sulle montagne per evitare una nuova chiamata, mentre il figlio maschio deciderà di arruolarsi volontario con i nazisti. 
E' in questo contesto che si snoda la vicenda della diga, che i fascisti vogliono costruire a monte del paese e che una volta completata sommergerà completamente Curon e Resia, il paese limitrofo. Erich diventa il portavoce del malcontento del popolo, dapprima ignorato, poi, man mano che il progetto si fa più concreto e il fantasma della diga comincia a incombere nell'immaginario dei contadini, ascoltato ed eletto loro rappresentante. Si recherà fino a Roma, dal papa, e scriverà, tramite Trina, ai personaggi politici più influenti per cercare di salvare i due paesi, ma niente e nessuno sembra essere in grado di fermare i lavori, perchè niente e nessuno, dicono quelli della Montecatini, che ha progettato la diga, può fermare il progresso. Forse nemmeno la fine della guerra...  

Pregi
Raccontata da Trina come se si trattasse di una lunga lettera rivolta alla figlia Marica, la storia della famiglia Hauser e della diga che sommergerà i due paesini sudtirolesi si dipana con un ritmo piacevolmente lento, compassato, da racconto attorno al fuoco, o, meglio, ad una stufa di maiolica. La sintassi è semplice, le frasi brevi, il lessico essenziale. Ma non dobbiamo limitarci alla superficie, perchè in questo bel romanzo le cose non dette fanno parte integrante del racconto, e, come accade nelle poesie, emergono tra le righe illuminando di nuovi significati, magari indicibili, ma grazie alla perizia dell'autore pienamente intuibili, cose, persone ed eventi. Un esempio, tratto dalla scena dell'addio di Trina ed Erich al prete e a Maria, compagni di fuga sulle montagne del confine svizzero: "Li vedemmo sparire nel fitto degli alberi. Una strana luce passava tra le foglie". In quella luce, e nella sua stranezza, possiamo sentire tutta l'intensità del momento, tutte le cose sottintese che i personaggi non si sono detti ma che aleggiano nell'aria: il dispiacere del distacco, la malinconia di quei mesi avventurosi, la gioia per il ritorno, il senso di smarrimento e di attesa per quello che li aspetta a valle. Non serve dirlo, sta tutto in quella luce, che alla fine altro non è che l'atmosfera del luogo vista attraverso la lente dello stato d'animo dei personaggi. E il romanzo è tutto così, in bilico tra le scene vivide e i paesaggi magistralmente dipinti con poche, decise pennellate e la poesia del non detto, delle allusioni nascoste tra le righe, delle sfumature e dei sentimenti non traducibili in parole. La bravura di Balzano sta proprio in questo: riuscire a trasmettere l'indicibile senza mai neanche provare a farlo. E questo è un talento che solo i grandi poeti possiedono. Il senso di dolore per la fuga di Marica che pervade il racconto di Trina non fa altro che aggiungere un ulteriore livello di lettura, e allargare lo spazio del non detto fino a coprire, in certi punti, le stesse parole.
Un accenno lo meritano anche i personaggi, tra cui spiccano, oltre ad Erich, l'uomo forte che non si arrende (ai fascisti, ai nazisti, alla guerra, alla diga, e sotto sotto neanche all'addio di Marica), tre importanti figure femminili, che restano impresse nella mente del lettore per il loro carattere, la loro tempra, la loro resilienza. Trina, prima di tutto, ma anche Mà, che tiene le redini della famiglia con polso fermo e burbero ma profondo affetto filiale ("Davvero una donna libera, Mà...") e la donna grassa del fienile, che pur nelle condizioni più difficili e nelle situazioni più disperate non smette di incoraggiare i suoi compagni di fuga con quel "Dai che neanche oggi siamo morti!" che è allo stesso tempo uno sprone, ma anche, considerato l'estremo pericolo che stavano correndo, una effettiva, concreta dichiarazione di un dato di fatto.
Insomma, Marco Balzano si immerge nel passato e porta a galla una storia che fa riflettere e commuovere, ma soprattutto ci riconcilia con il piacere della lettura.

Difetti
Nessuno di rilievo

Consigliato a 
Chi ama i libri sulla montagna
Chi cerca l'intensità nella semplicità
Chi cerca un libro che lo commuova

Voto
5/5  

   
        
 
 

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