mercoledì 4 luglio 2018

CAPOLAVORI RIFIUTATI



La lista dei capolavori letterari che prima di diventare bestsellers e opere di riferimento sono stati rifiutati dagli editori è lunga e variegata. E curiose, spiazzanti e, col senno di poi, quasi incredibili sono le motivazioni che gli intellettuali più autorevoli del momento hanno addotto per bocciare tali opere. Qui ho riunito alcuni casi fra i più eclatanti, in una lista che fa sorridere, ma fa anche riflettere sulle difficoltà che anche i più competenti addetti ai lavori possono incontrare nel riconoscere il valore di un'opera, soprattutto quando a presentarla è un autore sconosciuto con nessuna pubblicazione all'attivo. E può essere magari da stimolo a tutti quegli aspiranti scrittori che hanno il sogno di dare alle stampe un libro ma riescono solo a collezionare lettere di rifiuto. Se gli autori di questa lista si fossero fatti scoraggiare dalle bocciature adesso non esisterebbero tante opere che si studiano a scuola e che sono entrate a far parte dell'immaginario collettivo.


Uno studio in rosso
Arthur Conan Doyle

Come ebbe modo di ricordare lo stesso Doyle nella sua autobiografia, il primo libro con Sherlock Holmes come protagonista "tornava indietro con la precisione di un piccione viaggiatore". Il libro venne infatti rifiutato da diversi editori, che lo definirono, tra l'altro, "troppo lungo e troppo breve". Venne infine pubblicato nel 1887 da una casa editrice specializzata, disse lui, "in narrativa di tipo corrente e sensazionale".
L'amante di Lady Chatterley
D. H. Lawrence

A causa soprattutto del contenuto (la relazione adulterina a carattere esplicitamente sessuale tra una donna borghese e un semplice guardacaccia), il libro andò incontro fin da subito all'ostilità delle case editrici. L'editore londinese arrivò a scrivere a Lawrence: "La supplico, per il suo bene, non pubblichi quel libro". Il romanzo verrà stampato privatamente a Firenze nel 1928, poi in Germania nel 1930 e in Francia nel 1932. Per la prima edizione inglese bisognerà aspettare il 1960.
Poesie
Emily Dickinson

La più grande poetessa americana della storia riuscì a pubblicare in vita solo sette poesie. La colpa è da far ricadere su Thomas Wentworth Higginson, che la "scoprì" grazie ad una sorta di concorso lanciato dall'Atlantic Monthly nel 1858, ma la sconsigliò di tentare la via della pubblicazione. Soltanto sette anni dopo la morte della scrittrice Higginson decise di curarne le opere.
La fattoria degli animali
George Orwell

A non accettare il libro per la Faber & Faber fu T. S. Eliot che, seppure a malincuore ("Sono molto dispiaciuto, perchè chiunque pubblichi questo romanzo avrà naturalmente l'opportunità di pubblicare i suoi lavori futuri: e ho molta considerazione per i suoi lavori, perchè lei è un esempio di scrittura di fondamentale integrità"), conclude la sua lettera di rifiuto con la seguente motivazione: "Non ho alcuna convinzione che questo fosse il giusto punto di vista da cui criticare l'attuale situazione politica". 

Lolita
Vladimir Nabokov

L'autore russo, esule negli Stati Uniti dal 1940, riuscì a pubblicare il suo capolavoro solo nel 1955, in Francia, dopo che le più prestigiose case editrici americane lo avevano rifiutato, soprattutto per il contenuto ritenuto osceno e immorale. Tra i tanti commenti negativi è rimasto celebre il seguente: "Per gran parte è nauseante, anche per un freudiano illuminato... E' una specie di incrocio instabile tra un realtà orribile e una fantasia improbabile. Spesso diventa un sogno ad occhi aperti nevrotico e selvaggio... Consiglio di seppellirlo sotto una pietra e tenerlo lì per almeno mille anni". Durante la lunga odissea del manoscritto in cerca di pubblicazione venne dato a Nabokov anche un suggerimento sconcertante, citato da lui stesso nella postfazione all'edizione americana: "Un consulente propose che la sua casa editrice prendesse in esame la possibilità di pubblicare il libro qualora io avessi tramutato Lolita in un ragazzino di dodici anni, facendolo sedurre da Humbert, un contadino, nella stalla; il tutto ambientato in luoghi poveri e narrato con frasi concise, forti, scolastiche". Nemmeno in Italia il romanzo ebbe vita facile. Venne infatti rifiutato da Bompiani e da Garzanti, che aveva già in corso un processo per Ragazzi di vita di Pasolini e non voleva tentare la sorte con un altro libro che rischiava di essere considerato osceno. Fu infine pubblicato da Mondadori nel 1959. 

Delitto e castigo
Fedor Dostoevskij

Il quarto capitolo del romanzo come lo conosciamo noi è molto diverso da come era stato pensato in origine dallo scrittore. Gli venne infatti contestata la libera interpretazione del Vangelo da parte di una prostituta. Anche se Dostoevskij era ormai un autore celebre e molto stimato, dovette piegarsi alle richieste dell'editore e modificare radicalmente quella parte, allegando al manoscritto definitivo una lettera diretta al redattore nella quale, tra l'altro, si legge: "Il bene e il male sono ora separati al massimo grado. [...] E ora vi indirizzo la mia suprema supplica: in nome di Cristo, lasciate tutto il resto com'è ora... risparmiate la mia povera opera!". 

Alla ricerca del tempo perduto
Marcel proust

Le temps perdu, il libro che sarebbe poi diventato Du cotè de chez Swann, il primo volume de A la recherche du temps perdu, venne proposto da Proust a Fasquelle, il più grande editore commerciale dell'epoca, nel 1912. Il rifiuto è deciso: "Alla fine di 712 pagine di manoscritto non si ha alcuna nozione di cosa si tratti. [...] La lettura non è sostenibile oltre cinque, sei pagine. [...] C'è qui davvero un caso patologico, nettamente caratterizzato". Anche se, alla fine, gli si concede che "è impossibile non constatare un caso intellettuale straordinario". Il libro venne rifiutato anche dalla Nouvelle revue française, la rivista di Gallimard e Gide che aveva cominciato a pubblicare libri e che molto probabilmente non si prese neppure la briga di leggere il manoscritto, rispedito al mittente solo in virtù del sentito dire. Proust chiese allora al direttore del giornale presso cui lavorava, il prestigioso Figaro, che il romanzo venisse pubblicato a puntate, a mò di feuilleton, ma anche qui non avrà fortuna: solo qualche piccola parte comparirà sulle pagine del quotidiano. Ci prova allora con l'editore di Mupassant e di Romain Rolland, offrendosi di pagare le spese della stampa e della pubblicità, e di concedere addirittura all'editore una percentuale sui futuri proventi, ma il parere del direttore letterario è drastico: "Non riesco a capire come si possano impiegare trenta pagine per descrivere come ci si gira e rigira nel letto prima di trovare il sonno". Offeso e amareggiato, ma per nulla demotivato, Proust ci prova con Grasset, piccolo editore in ascesa, proponendo anche a lui il pagamento totale delle spese e chiedendogli solo di stampare il libro, senza neanche leggerlo, perchè si andrebbe troppo per le lunghe. Siamo nel febbraio del 1913, Proust nel frattempo ha già pronti anche i due volumi successivi coi rispettivi titoli, nonchè il titolo definitivo dell'opera completa. Du Cotè de chez Swann apparirà nel novembre del 1913, con una tiratura di 1500 copie, subito esaurita, e altre 1500 copie verranno vendute entro la primavera dell'anno successivo. Solo a questo punto Gide si decide a dare un'occhiata al manoscritto e, pentito, gli scrive: "l'aver rifiutato questo libro resterà il più grave errore della Nouvelle revue française e (visto che tocca a me l'onta d'esserne in gran parte responsabile) uno dei rammarichi, dei rimorsi più cocenti della mia vita". Solo nel 1917, grazie anche allo scoppio della guerra che getta in cattive acque Grasset e la sua casa editrice, Gallimard riuscirà ad acquistare le copie rimaste del libro e a iniziare la pubblicazione completa di quella che diventerà una delle opere letterarie più importanti del XX secolo. 
Viaggio al termine della notte
Louis-Ferdinand Céline

Sulla coscienza di Gallimard pesa un altro "gran rifiuto", quello dell'opera più importante di Céline, che venne poi accettata nel 1932 da Denoel. 
Ulisse
James Joyce

Nonostante l'aiuto dell'amico poeta Ezra Pound, che nel 1920 cominciò a promuovere il romanzo presso gli editori, Joyce non riuscì a pubblicare l'Ulisse se non nel 1922, per il rifiuto dei tipografi di stamparlo a causa del suo contenuto osceno.

Moby Dick
Herman Melville

Un editore inglese rifiutò il libro nel 1851 con la seguente motivazione: " Il romanzo non è adatto al mercato dei giovani in Inghilterra"

Il gabbiano Jonathan Livingston
Richard Bach

Prima di diventare un bestseller il romanzo collezionò una ventina di rifiuti negli Stati Uniti. 

Il giorno dello sciacallo
Frederick Forsyth

Il thriller che avrebbe venduto più di dieci milioni di copie in tutto il mondo è stato rifiutato nel 1970 dalla W. H. Allen & Company con una motivazione lapidaria: "Il suo libro non interessa a nessuno".
 
Il postino suona sempre due volte
James Cain

Un curioso retroscena relativo al titolo è emblematico delle difficoltà incontrate da Cain per pubblicare questo romanzo. Lo scrittore sostenne infatti che a suonare sempre due volte era il postino che portava le lettere di rifiuto degli editori.

Diario
Anna Frank

Il libro venne rifiutato da quindici editori diversi prima di trovare finalmente la pubblicazione nel 1947, epurato dei passaggi in cui Anna parla della propria sessualità e modificato in vari altri punti rispetto al manoscritto originale. Una delle memorabili motivazioni di quei rifiuti è la seguente: "La ragazza non possiede, a mio parere, una speciale percezione o sensibilità che sollevi quel libro al di sopra del livello di curiosità". 

Il dottor Zivago
Boris Pasternak

Leggenda vuole che Angelo Maria Ripellino fosse andato a trovare lo scrittore sovietico per chiedergli delle poesie da pubblicare con Einaudi. Pasternak avrebbe risposto: "Veramente ho finito un romanzo...". Il grande slavista tornò quindi a Torino con il manoscritto de Il dottor Zivago, ma per qualche motivo non ne fu intuita l'importanza. Dopo qualche tempo finì alla Feltrinelli, e in breve divenne il libro di maggior successo della casa editrice milanese.

Il Gattopardo
Giuseppe Tomasi di Lampedusa

La Feltrinelli si dimostrò lungimirante anche nel caso del Gattopardo, romanzo che le venne proposto dopo essere passato per due rifiuti tra i più celebri nella storia dell'editoria italiana. Il "colpevole" fu, in entrambi i casi, Elio Vittorini, che in un primo momento lo rifiutò in modo indiretto per Mondadori, dove aveva il compito di coordinare l'attività dei "lettori". Senza aver letto il manoscritto, ma basandosi solo sulle schede di lettura, Vittorini diede un parere non certo entusiasta dell'opera, suggerendone sì la pubblicazione, ma solo dopo un pesante lavoro di revisione. La Mondadori non ne fece nulla, e così il testo passò all'Einaudi, dove lo stesso Vittorini diede il suo secondo parere, questa volta molto più diretto e conclusivo: "Io da quando scrivo mi sono sempre battuto per un rinnovamento moderno della letteratura. Lei capisce dunque che non posso impormi di amare scrittori che si manifestino entro gli schemi tradizionali. Il Gattopardo avrei potuto amarlo solo come opera del passato che oggi fosse stata scoperta in qualche archivio". Vittorini comunque non fu il solo a non amare il libro, in Einaudi. Uno degli intellettuali di spicco della casa editrice, per sua fortuna rimasto anonimo, ebbe per esempio modo di dichiarare: "Si può anche fare, ma non sarà mai una bomba". 
  
Se questo è un uomo
Primo levi

Proposto all'Einaudi nel 1947, il libro fu rifiutato essenzialmente per lo scarso entusiasmo con cui venne accolto da Cesare Pavese, allora responsabile editoriale della casa editrice torinese, che lo mise da parte rinviando la decisione. Levi lo propose quindi alla De Silva di Franco Antonicelli, che scelse il titolo (da una poesia dello stesso Levi) e lo pubblicò in 2500 copie. Dopo che la casa editrice fu assorbita dalla Nuova Italia Levi chiese una ristampa che però gli venne rifiutata. Ripassò quindi all'Einaudi dove Luciano Foà decise alla fine di pubblicarlo nella collana degli Struzzi. Era il 1955. 

Opere complete
Friedrich Nietzsche

Un altro caso editoriale legato alla figura di Luciano Foà è quello relativo alla pubblicazione dell'edizione critica delle opere di Nietzsche. Quando l'Einaudi rifiutò il progetto (essenzialmente per motivi ideologici), l'intellettuale milanese decise di lasciare la casa editrice torinese e di fondare con Roberto Olivetti, a Milano, nel 1962, l'Adelphi. E con Adelphi verrà pubblicato nel 1964 Aurora. Frammenti postumi, primo titolo delle Opere del filosofo tedesco in edizione critica, completa, tradotta in tutto il mondo, testo di riferimento universale.     

Brama di vivere
Irving Stone

Il libro, che ha ormai superato i trenta milioni di copie vendute nel mondo, venne accolto dal direttore alle vendite di Doubleday con questo commento: "Non c'è proprio nessuna possibilità di vendere un libro che parla d'un pittore olandese sconosciuto". Prima di essere finalmente pubblicata nel 1934 questa biografia dello "sconosciuto" Vincent Van Gogh ricevette altri sedici rifiuti.

Il signore degli anelli
John R. R. Tolkien

Il libro venne rifiutato nel 1949 dalla stessa casa editrice che aveva già pubblicato Lo Hobbit, perchè quando arrivò il manoscritto era assente Raynor Unwin, il figlio del titolare che ne aveva già letto ed apprezzato alcuni capitoli. Dopo aver provato invano con altri editori, Tolkien, amareggiato, decise di chiuderlo in un cassetto. Solo dopo qualche anno fu convinto dagli amici a riprovarci, e dopo un paio di ulteriori rifiuti il libro arrivò finalmente tra le mani di Raynor, che dopo averlo letto convinse il padre a pubblicarlo, preventivando però un passivo di mille sterline. Dopo una prima tiratura di 3500 copie nel 1954, il libro sarebbe diventato un best seller mondiale. 

Harry Potter e la pietra filosofale 
J. K. Rowling

Il primo libro della saga del maghetto più famoso della storia della letteratura fu rifiutato da una dozzina di editori, anche famosi. Fu la figlia di otto anni del direttore di Bloomsbury, alla fine, a convincere il padre a pubblicarlo.

L'uomo senza qualità
Robert Musil

Il libro ebbe molte difficoltà in patria, ma anche in Italia non trovò vita facile. Bobi Bazlen lo esaminò per l'Einaudi nel 1951 e nonostante le premesse entusiastiche per l'elevato valore letterario dell'opera la sua scheda si conclude con una bocciatura: "E' da discutersi molto, invece, da un punto di vista editoriale-commerciale. Qui, devo fare l'avvocato del diavolo. E come avvocato del diavolo ho quattro argomenti. Il romanzo è 1) troppo lungo, 2) troppo frammentario, 3) troppo lento (e noioso, difficile, come vuoi chiamarlo), 4) troppo austriaco". L'opinione di Bazlen fece slittare la pubblicazione per Einaudi al 1957.
Centomila gavette di ghiaccio
Giulio Bedeschi

Il libro ricevette ben quindici rifiuti prima di essere pubblicato da Mursia nel 1963 e diventare un best seller mondiale da più di due milioni di copie. Quasi tutte le case editrici italiane ricevettero il manoscritto, e tutte lo rispedirono al mittente. Dopo il successo Angelo Rizzoli dovette mostrare le lettere di rifiuto che aveva conservato ai suoi collaboratori, increduli per essersi lasciati sfuggire un titolo di quella portata.
Cent'anni di solitudine
Gabriel Garcìa Màrquez

Anche il romanzo destinato a lanciare la narrativa sudamericana subì diversi rifiuti prima di venire accettato da Suramericana, a Buenos Aires, nel 1967. Il più famoso fu quello della Seix Barral, casa editrice molto prestigiosa di Barcellona, secondo la cui versione ufficiale il manoscritto giunse quando l'editore era in ferie, e un anonimo funzionario siglò il rifiuto del libro.

Carrie
Stephen King

Il primo romanzo di colui che sarebbe poi diventato "il re del brivido" venne rifiutato con la seguente, lapidaria motivazione: "Non siamo interessati alla fantascienza che mette in campo utopie negative. Non vendono".



   
   



  

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