venerdì 6 luglio 2018

ANTICIPAZIONE: M. IL FIGLIO DEL SECOLO, ANTONIO SCURATI



La Bompiani ha distribuito in questi giorni nelle librerie un corposo abstract del prossimo lavoro di Antonio Scurati, in uscita il prossimo 12 settembre, intitolato M. Il figlio del secolo. Si tratta della storia romanzata del fascismo dalle origini agli anni immediatamente successivi al delitto Matteotti, che nei piani dell'autore dovrebbe costituire il primo volume di una trilogia dedicata al ventennio. Niente di nuovo, direte voi. E invece... 
E' vero, del fascismo sappiamo tutto, ne conosciamo la genesi e la disfatta, i protagonisti storici e gli avversari altrettanto storici, ne abbiamo studiato gli ideali che lo hanno sostenuto e le nefandezze che lo hanno caratterizzato, le storture, gli errori, la tragica fine che ha trascinato con sè una nazione intera. Nomi come Mussolini, Matteotti, D'Annunzio, Italo Balbo, Farinacci, Filippo Turati sono entrati nel nostro immaginario attraverso le storie dei nostri nonni prima e i libri di scuola poi, ognuno incasellato nel proprio ruolo di vittima o carnefice, a rappresentare lo slancio sconsiderato di un nazionalismo senza freni o la cauta e indecisa reazione delle menti raziocinanti degli intellettuali, tutte maschere pronte a recitare il proprio copione in una Storia sempre rappresentata attraverso i fatti, le decisioni finali e le loro conseguenze. Le personalità di questi uomini sono sempre rimaste sullo sfondo, quasi staccate dalle proprie azioni, come se il percorso di quel ventennio fosse già segnato e chiunque vi si fosse trovato in mezzo non avesse potuto fare altro che seguirlo. Come se si fosse trovato su dei binari. Certo, ci sono le biografie, studi su studi che si dilungano sui diversi caratteri, la caparbietà di questo, la debolezza di quest'altro, l'istinto politico di uno e la miopia dell'altro, la tenacia, l'ignoranza, la brutalità, l'immoralità, la purezza, il sacrificio, il buon senso, la codardia, l'infamia. Ma sempre a bocce ferme, quasi, oserei dire, col senno del poi, quando determinati eventi non potevano essere compresi altrimenti che con un'analisi del carattere delle persone che li avevano provocati, come se tale carattere fosse anch'esso funzionale alla Storia, e non derivasse invece dalla semplice e naturale casualità della vita. D'altronde tutto questo, tutto ciò che le generazioni più giovani sanno di questo periodo, ce lo hanno raccontato gli storici, con la loro precisione, certo, il loro spirito analitico e le loro ricerche sul campo senza dubbio, ma anche senza quella sensibilità necessaria per considerare come un tutt'uno fatti e personaggi, caratteri e decisioni, cause umane, personali e volubili ed effetti certi, oggettivi e definitivi. Ci voleva un romanziere per amalgamare i due punti di vista, le due prospettive. Perchè un romanziere studia le persone, prima di tutto, le analizza attraverso i loro tic, le loro manie, le loro ossessioni, ma anche attraverso le loro passioni e i loro sogni. E poi le introietta, le fonde con le loro storie e le rimette sulla carta gravide di nuovi significati, feconde di tutti quei fatti che, ora sì, acquistano un senso pieno e pienamente rivelatore. 
Da quella che probabilmente sarà la quarta di copertina: "Il risultato di un simile romanzo documentario non è impressionante soltanto per la sterminata quantità di fonti che l'autore ha movimentato [biografie, archivi dei giornali dell'epoca, memorialistica, discorsi parlamentari, lettere, diari]. E' impressionante, soprattutto, per il risultato finale che produce, spesso spiazzante. Fatti dei quali credevamo di sapere tutto, una volta destrutturati nei loro incredibili dettagli - quei particolari che solo il talento del romanziere è in grado di mettere in luce - e, poi, abilmente rimontati, producono un'opera senza precedenti nella letteratura italiana e una storia d'Italia attraverso i fascisti che suona inaudita". 
Pensavamo di sapere tutto sul fascismo. E invece...
    

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