giovedì 9 maggio 2019

RECENSIONE: STORIA REAZIONARIA DEL CALCIO



Titolo: Storia reazionaria del calcio
Autori: Massimo Fini e Giancarlo Padovan
Editore: Marsilio
Anno di pubblicazione: 2019
Prezzo di copertina: € 17,00

Commento:
Massino Fini, - giornalista e scrittore arguto e irriverente, polemista inveterato che fa del suo antimodernismo una bandiera, intellettuale profondo e appassionato capace di occuparsi con la stessa onnivora curiosità e la stessa documentata competenza di storia, attualità, politica, costume, filosofia e, lo scopriamo adesso, sport, - e Giancarlo Padovan, - firma di punta del giornalismo sportivo italiano (ha lavorato, tra gli altri, per "la Repubblica" e per il "Corriere della Sera"), nonché ex calciatore dilettante, allenatore di calcio femminile e professore di Teoria e tecniche dell'informazione sportiva all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, - mettono a nudo in questo pamphlet, con sincerità disarmante e con una buona dose di sana sfrontatezza, vizi e virtù di una passione che li ha accompagnati fin dall'infanzia e che, in modi diversi, ha condizionato le loro vite: quella per il gioco del calcio. A dispetto del proposito, annunciato nel sottotitolo ("I cambiamenti della società vissuti attraverso il mondo del pallone") e nell'introduzione ("Anche se parliamo, e molto, di calcio, questo non è un libro sul calcio"), di servirsi del calcio per "sottolineare i cambiamenti e le trasformazioni avvenuti nel nostro mondo, non solo italiano, ma, in senso lato, anche occidentale, soprattutto in un periodo storico dominato dal demone della velocità", quello che ho appena finito di leggere mi sembra invece proprio un libro sul calcio, in cui le eventuali (e in alcuni casi evidenti) correlazioni con la società sono solo uno dei tanti corollari (e forse neanche il più appassionante) di una discussione che ha nella franchezza, nella sapidità degli aneddoti raccontati, nel divertente e illuminante confronto tra due visioni piuttosto diverse dello sport nazionale italiano, nella capacità degli autori di mettere a nudo quella che Padovan definisce "una maledetta passione" i suoi punti di forza e, alla fine, la sua ragion d'essere. Al di là della (piuttosto scontata) critica mossa al calcio moderno di aver perso il fascino nostalgico delle partite ascoltate alla radio, degli stadi non ancora colonizzati dagli abbonati, delle magliette senza sponsor, in sostanza di uno spettacolo in tutto e per tutto legato allo sport e alla passione dei tifosi e non ad un business in nome del quale è stato modificato perfino il regolamento, infatti, non ho trovato in questo libro paralleli rilevanti tra il calcio e la società, né tantomeno spunti degni di nota di un qualche tipo di "sociologia del calcio" che le premesse mi invitavano ad aspettarmi. Ho trovato invece tanti gustosissimi ricordi di vita, tante partite memorabili, tanti campioni e tanti bidoni, una competenza sportiva che, soprattutto nel caso di Massimo Fini, grande conoscitore anche di boxe e di ciclismo, mi ha stupito, e un bel confronto tra due personaggi (più viscerale Fini, più pacato Padovan) che su diversi temi hanno opinioni diametralmente opposte: sulla Var (o sul Var, nessuno ha ancora capito bene il genere di questa nuova tecnologia che permette agli arbitri in campo di rivedere al monitor certe azioni controverse, a partita in corso), ad esempio, o sulla presenza delle donne nel calcio (sia quello giocato sia, semplicemente, quello visto in tv), oppure ancora sull'incidenza degli allenatori sui risultati delle partite. Opinioni diverse, in alcuni casi provocatorie (Massimo Fini è un maestro anche nell'arte della provocazione), ma sempre sorrette da una passione davvero contagiosa. Una passione, quella del tifoso, che può nascere per caso (come nel caso di Fini, tifosissimo del Torino), o che può essere tramandata di padre in figlio (è il caso di Padovan, tifoso del Lanerossi Vicenza), ma che in ogni caso una volta contratta diventa una fede che ti accompagnerà per tutta la vita. D'altronde quello dei tifosi è un mondo a parte, sorretto da regole non codificate ma inflessibili, da una logica irrazionale che smuove emozioni profonde e che fa fare cose impensabili, alcune delle quali trovano spazio in questo libro. Così come trovano spazio una quantità di aneddoti curiosi e di disquisizioni tecniche, sempre raccontati con una scorrevolezza da "chiacchiera da bar" che fa letteralmente volare le pagine. Trovo interessante anche l'appendice Tutti i cambiamenti del calcio dalle sue origini, dalla quale ho imparato, ad esempio, che le panchine a bordo campo vennero installate solo a partire dal 1951 e che la prima sostituzione di un giocatore fu permessa in Italia solo nel campionato 1965/66 (quella del portiere). Insomma, Storia reazionaria del calcio è un libro che secondo me non dovrebbe mancare nella libreria di ogni malato di calcio, ma anche chi, del calcio, può tranquillamente fare a meno (esistono anche quelli, mi dicono) può trovarvi, soprattutto nei tanti aneddoti di vita con cui gli autori intercalano le loro discussioni sportive, una lettura godibile e intrigante.             

Nessun commento:

Posta un commento