giovedì 11 aprile 2019

RECENSIONE: SUICIDE CLUB


Titolo: Suicide Club
Autore: Rachel Heng
Editore: Nord
Anno di pubblicazione: 2019
Prezzo di copertina: € 18,60

Sinossi
Da quando è in vigore la Legge sulla Sacralità della Vita, gli abitanti di New York (e di tutto il resto degli Stati Uniti) hanno davanti a sé la prospettiva di poter prolungare la propria esistenza ben oltre i limiti della natura umana. La cosiddetta Seconda Ondata ha infatti immesso sul mercato una serie di nuovi ritrovati tecnologici che, unitamente alle Direttive del Ministero atte a sconsigliare un'alimentazione e uno stile di vita considerati pericolosi per la salute, hanno permesso a un gran numero di individui geneticamente idonei (i cosiddetti Aspiranti Centenari) di rallentare in modo considerevole il decadimento fisico. Il prezzo da pagare, però, non è irrilevante: il cibo "trad" (l'alimentazione tradizionale a base di carne rossa, frutta e verdura fresca) è caldamente sconsigliato (quando non espressamente vietato), a vantaggio di bibite alle proteine (il cosiddetto Nutripak) e shot di ossigeno, mentre l'attività fisica è soggetta a una stretta regolamentazione, visto che anche una semplice escursione potrebbe causare il logoramento dei legamenti. Chi non è in possesso dei requisiti genetici per diventare un Aspirante viene considerato come una sorta di paria (i cosiddetti sub-100), escluso dai trattamenti clinici periodici cui hanno diritto gli Aspiranti (ognuno dei quali ha a disposizione un Curante personale) e relegato ai margini della società, a svolgere lavori considerati logoranti o, alla peggio, a entrare nel mercato clandestino degli organi. Chi invece si dimostra apertamente contrario alla Legge e alle direttive del Ministero entra nella categoria degli Empi, veri e propri fuorilegge e come tali ricercati e perseguiti. 
Lea ha cento anni ma ne dimostra quaranta, lavora alla Finanza Sanitaria (una specie di Borsa degli organi) ed è una seria candidata ad entrare a far parte della ristretta cerchia di privilegiati che potranno sfruttare la cosiddetta Terza Ondata, in grado, a detta del Ministero, di conquistare l'immortalità. Ma la sua vita non è così perfetta come sembra. Suo padre ha abbandonato lei e la madre 88 anni prima, in disaccordo con le restrizioni introdotte dalla Seconda Ondata (e di conseguenza diventato un Empio), cui invece la moglie ha aderito in pieno, mentre lei stessa in passato ha manifestato comportamenti violenti che più volte hanno messo a rischio il suo futuro di Aspirante. Il ritrovamento in apparenza fortuito del padre e la conoscenza di una ragazza di origini svedesi, Anja, avvicineranno Lea al Suicide Club, un'associazione clandestina che propugna un approccio più libero e autodeterminato alla vita (il loro motto è "vivere e morire alle nostre condizioni") e i cui membri, in segno di protesta contro la Legge sulla Sacralità della Vita, diffondono video in cui si suicidano in diretta. A questo punto la nostra protagonista dovrà scegliere da che parte stare: continuare il suo percorso pieno di rinunce e di sacrifici verso l'immortalità o sfruttare gli anni che la natura gli concederà per godersi tutto ciò che la Legge le ha fino a quel momento precluso?
Commento
Romanzo distopico senza infamia e senza lode, il cui svolgimento non è secondo me all'altezza dell'idea davvero interessante sulla quale è costruito. La domanda alla quale noi lettori veniamo sottoposti è tanto semplice quanto impegnativa, dato che la risposta non potrà mai essere scontata: quanto siamo disposti a sacrificare delle nostre vite per avere la possibilità di vivere in eterno? Un quesito filosofico non da poco, che ci mette di fronte ad una scelta tra la qualità (una vita "breve" ma intensa) e la quantità (una vita eterna ma priva di buon cibo, sport, bella musica, piccole e grandi passioni e trasgressioni), e che ci invita a riflettere su quali siano il senso e i veri valori della nostra esistenza. Uno spunto niente male, quindi, direi importante, talmente importante che l'autrice (un'esordiente americana originaria di Singapore) non è stata in grado di gestirlo come meritava, appiattendosi su un intreccio banale e stereotipato che sa tanto di scuola di scrittura creativa. La trama è infatti scontata, e i personaggi, per quanto ben delineati e di spessore, altro non fanno che seguire un copione preordinato, secondo la regola del "tutto va come dovrebbe andare". Poche sorprese, quindi, poca adrenalina, tanto che ad un certo punto mi sono pure annoiato e ho fatto fatica ad arrivare in fondo. Mi resta il bel ricordo del personaggio del padre di Lea, Kaito, forse la figura più riuscita del romanzo, e il fascino di un'ambientazione distopica che, questa sì, è stata descritta molto bene e qualche brivido è riuscita a procurarmelo. Peccato, è una mezza occasione mancata, perché è vero che questo genere di narrativa viene definito dall'ambientazione, ma se manca l'eccitazione generata da una trama avvincente rimane tutto un po' sfocato, un freddo esercizio di retorica che preclude quella qualità fondamentale del buon romanzo (di ogni genere di buon romanzo) che è la partecipazione emotiva. E' ciò che non ho provato leggendo Suicide Club.
        
Consigliato a
Gli appassionati del genere.
Voto
 2,5/5

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