lunedì 18 giugno 2018

TOP 100 (4)


Platone e Aristotele sono stati tra i filosofi dell'antichità quelli che hanno avuto una tradizione più continua, vere pietre angolari del pensiero Occidentale, non solo strettamente filosofico. Se infatti lo stagirita è stato colui che ha dato alle diverse forme di conoscenza lo stesso ordine che ancora oggi le regola e le distingue (fondamentali sono state le sue formulazioni su discipline come la fisica e la metafisica, l'ontologia, la matematica, l'etica e la logica, per citarne solo alcune), Platone non solo ha permesso che giungesse fino a noi il pensiero di Socrate inventando una forma narrativa, quella del dialogo, che coniuga felicemente la rigorosità del trattato filosofico con gli slanci emotivi della poesia, ma ha anche elaborato concetti e modelli di analisi che per secoli hanno influenzato discipline come la politica, la retorica e la stessa religione. Non è facile selezionare due opere tra le tante, famosissime, che possano rappresentare i due filosofi all'interno della mia Top 100. Per quanto riguarda Aristotele la scelta poteva cadere indifferentemente sulla Metafisica, sull' Etica o sulla Poetica, tutte importantissime nel fornire le basi della nostra sensibilità moderna in campi quali la religione cristiana (in virtù della rielaborazione che di queste opere fece la Scolastica nel Medioevo), la morale, l'arte o la letteratura. Con Platone la decisione era se possibile ancora più difficile, tanti sono i dialoghi che per un motivo o per l'altro sarebbero meritevoli di una citazione. In particolare la Repubblica sembrava da preferire sia per l'elaborazione di quello Stato ideale governato dai filosofi che è il fondamentale punto di partenza per chiunque voglia avvicinarsi alla teoria politica, sia per la presenza del celeberrimo mito della caverna (forse il passo filosofico più famoso della storia) per mezzo del quale il filosofo di Atene esprime la sua teoria delle idee. Dopo lunga riflessione (e con l'aiuto decisivo di due professori di filosofia), ho infine optato per l' Etica Nicomachea (o Etica a Nicomaco) di Aristotele e per il Fedro di Platone, due opere che forse più delle altre hanno contribuito sotto molti aspetti a formare la mentalità occidentale (e quindi possono entrare a buon diritto nella lista dei miei cento libri che hanno cambiato il mondo).
Il Fedro, uno dei capolavori assoluti della filosofia e della letteratura occidentali, è in Platone il dialogo dell'eros e della bellezza, della follia divina e della felicità che dona ai mortali, dell'anima e del suo destino oltremondano, della filosofia come persuasione dialettica, infine dell'enigma della scrittura. Forse la più complessa e la più bella tra le opere del filosofo, o se vogliamo dell'inventore stesso della filosofia, opera prediletta dagli iniziati ai misteri platonici lungo il corso dei secoli fino a oggi, il Fedro respira un'aria sorgiva, popolata di spiriti misteriosi, in cui riecheggia un canto melodioso: si sentono il profumo dell'erba del prato, lo scorrere limpido delle fonti, il frinire delle cicale. L'estate statica, immota, placidamente sopita, ospita e racchiude la conversazione di Socrate con il personaggio eponimo, l'adorabile Fedro, per la cui persuasione e conversione si strugge e disputa l'eros della filosofia.                                                                                (Dall'Introduzione di Susanna Mati all'edizione Feltrinelli 2013)
Dove sta, quindi, la modernità del Fedro? Certo nell'importanza data alla passione di Eros, che deve essere complementare alla filosofia nella ricerca della verità, e poi nella centralità della retorica e della dialettica, indispensabili in ogni riflessione filosofica che si rispetti. Ma il tema che più di questi (e degli altri trattati in questo dialogo e citati dalla Mati) ha avuto un'influenza diretta e concreta sul pensiero occidentale è sicuramente quello legato alla scrittura, con la tesi finale secondo cui la parola scritta, fissata in una muta e perenne immobilità, non è in grado di penetrare nell'anima di chi legge, cosa che invece riesce a fare un discorso orale. Prevalenza della forma orale, quindi, e negazione di qualsiasi validità del discorso scritto. E' proprio a partire da questa teoria, filtrata attraverso il pensiero di Husserl e Heidegger, che Jacques Derrida avrà modo di elaborare la sua Decostruzione e di far entrare così Platone nell'orbita di quella filosofia del linguaggio che nel Novecento ha vissuto la sua età dell'oro. 
Anche l'Etica Nicomachea di Aristotele ha avuto una fortuna che si è protratta fino ai giorni nostri. Testo fondamentale per la riscoperta dell'aristotelismo nel XIX e nel XX secolo, essa sta alla base di qualsiasi riflessione moderna nel campo della morale soprattutto in virtù del fatto che il filosofo greco colloca l'etica tra le discipline pratiche, a differenza di altri campi di sapere come la fisica, la matematica o la stessa filosofia che sono invece considerate scienze teoretiche. Questa distinzione è importante, perchè apre la via ad una riflessione sul comportamento dell'uomo che è squisitamente moderna, sgombrando il campo dalle teorie naturalistiche dell'Ottocento (l'azione umana è completamente riconducibile ad eventi naturali) e a quelle teleologiche (in quanto l'etica è vista dallo stagirita come il bene ultimo cui l'uomo deve tendere, e questo bene ultimo non può essere inconoscibile). Ogni essere umano, dice Aristotele, deve tendere alla felicità, bene sufficiente a se stesso e non tendente ad altro, non perfettibile, fine ultimo di ogni azione. Altre tematiche che rendono quest'opera ancora attualissima sono la definizione delle virtù etiche come "giusto mezzo" tra due estremi, l'importanza data all'amicizia, forse la più grande fonte di felicità e l'alto valore conferito alla giustizia, che deve tutelare l'equità e i meriti delle persone.         


       


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