venerdì 19 luglio 2019

RECENSIONE: L'ASCENSORE


Titolo: L'ascensore
Autore: Erik Sancin
Editore: Autopubblicato
Anno di pubblicazione: 2018

  "Fu grazie all’evoluzione dei nostri geni che avevamo cominciato a migliorare e a perfezionarci. L’ossessione per l’accumulo dei beni materiali era evaporata nel fuoco nucleare del Terzo cataclisma e nei due millenni successivi era diventata irrilevante. Ma perché? Eravamo stati noi a deciderlo, volontariamente e in piena coscienza? Ero profondamente convinto dell’esatto contrario, ero convinto che si trattasse di evoluzione, di un processo involontario e inconscio. Non è solo la carne ad avere a disposizione questo fantastico meccanismo di autoriparazione, ma anche il nostro cervello, con quei micro-impulsi elettrochimici che modificano e migliorano i nostri pensieri e, in generale, il nostro approccio verso tutto ciò che ci circonda. Si era trattato di un piccolo, ma fondamentale passo in avanti nell’evoluzione della specie umana".

Sinossi: 
 Sono trascorsi 4000 anni da quando l'umanità ha rischiato per la terza volta di autoestinguersi. Il pianeta è ridotto ad un deserto desolato in cui tutti i mari si sono ritirati e i pochi sopravvissuti sono concentrati negli Insediamenti sorti attorno alle rare fonti d'acqua. Perfino la Luna è scomparsa, distrutta o scalzata dalla propria orbita da qualche ordigno nucleare, non si sa. Dappertutto sono visibili le macerie dell'antica civiltà, che come un monito costante ricordano agli abitanti del Nuovo Territorio quali furono le conseguenze dell'odio, dell'avidità e della mancanza di lungimiranza con cui gli abitanti della Terra hanno reso quasi invivibile un pianeta un tempo accogliente e carico di risorse. Ma, come si dice, non tutto il male viene per nuocere, e i lontani eredi di quegli ottusi progenitori hanno adesso imparato la lezione, rifiutando la guerra come possibile soluzione dei conflitti (l'ultima battaglia è stata combattuta 400 anni prima degli eventi narrati) e tenendo in massima considerazione il rispetto dell'ambiente. Ma questa sorta di evoluzione del pensiero, che ha portato, tra l'altro, alla rinuncia di qualsiasi fede religiosa ("Già le prime generazioni cresciute subito dopo il Terzo cataclisma avevano respinto la barbara convinzione della vita nell’oltretomba, diffusa antecedentemente da movimenti irrazionali di massa, semanticamente codificati come religioni, le quali figurano tra le leve del Terzo cataclisma") e all'abbandono dell'uso del denaro (la moneta corrente del Nuovo Territorio è il "metallico". "Con essa si potevano acquistare solamente beni non essenziali. I metallici si ottenevano con ore di straordinario. Tutti gli abitanti compresi tra il diciannovesimo e il cinquantacinquesimo anno di età avevano l’obbligo di lavorare. Il cibo, l’acqua e i beni essenziali erano liberamente accessibili, quindi l’abuso dei metallici non era possibile") viene adesso messa in serio pericolo da una nuova, terribile minaccia. Un imponente esercito di robot antropomorfi in tuta arancione è infatti comparso all'improvviso distruggendo senza pietà gli Insediamenti degli umani e sostituendoli con vastissimi complessi industriali altamente inquinanti. Non solo: i pochi che riescono sopravvivere a queste invasioni improvvise vengono fatti prigionieri e sottoposti a crudeli e indiscriminati espianti degli organi. Chi sono questi efferati nemici che non sembrano tenere in nessun conto la vita umana? Cosa se ne fanno di tutte quelle fabbriche? E' forse arrivato il momento, per i nuovi umani ormai assuefatti alla pace, di riprendere in mano le armi? O esiste un altro modo per sconfiggere gli invasori ed evitare senza spargimenti di sangue un Quarto Cataclisma? Ad affrontare la questione ci penseranno i quattro protagonisti del romanzo: il ventiduenne Emper (la voce narrante), il saggio Jarshix, il cecchino Krywer e l'infiltrato Anders. La loro missione sarà quella di scoprire l'identità, le motivazioni e gli obiettivi del nemico, ma sarà soprattutto quella di evitare l'estinzione definitiva di una nuova umanità che fino all'avvento delle tute arancioni stava felicemente evolvendo verso un futuro segnato dalla pace e dall'ecologia.

Commento: 
 Il mondo creato da Erik Sancin per questo romanzo postapocalittico è davvero affascinante. Grande attenzione è stata dedicata all'ambientazione, molto particolareggiata e in grado di immergere le vicende narrate in una cornice plausibile, che aiuta il lettore nell'immedesimazione e nell'empatia coi personaggi. L'aspetto sociale della nuova umanità - con le sue leggi "progressiste" (vedi quella chiamata Il dovere comune, che propugna la distruzione di qualsiasi forma di cannibalismo), il suo rifiuto per le tecnologie inquinanti ed alienanti (come quella dei processori climatici, che avevano lo scopo di ricostituire quell'"eterna tarda primavera" che aveva finito per indebolire gli uomini impedendo loro di adattarsi ai mutamenti climatici), il suo nuovo sistema economico, il suo ateismo, la sua forte, fortissima impronta ecologista - è anch'esso molto ben sviluppato, così come lo sono la storia dei tre cataclismi che hanno ridotto la Terra ad un deserto senza mari e senza Luna e il ritratto del nemico, quelle tute arancioni che impareremo a conoscere poco a poco nel corso della lettura. Ho trovato ben architettata anche la trama, avventurosa e ricca di colpi di scena (quello relativo alla Luna li batte tutti!), proiettata senza inutili deviazioni verso il pirotecnico finale. L'idea di base del libro, costituita da ambientazione, cornice sociale e trama, è quindi più che buona, e farebbe la gioia di ogni appassionato di narrativa distopica, postapocalittica o di anticipazione che dir si voglia, se non fosse che poi questa idea bisogna anche metterla in pratica, e a questo proposito qualche appunto, ahimè, lo devo fare. Soprattutto nella prima metà il libro procede un po' troppo lentamente, le spiegazioni risultano spesso prolisse e ripetitive, quando non vengono esplicate nelle note a pié di pagina, rallentando ulteriormente la lettura. Si sa che riuscire a trasportare il lettore dentro la storia che si vuole raccontare è uno dei compiti più difficili anche per scrittori ben più navigati di Sancin, soprattutto quando si tratta di una storia ambientata in un mondo altro, con pochi riferimenti alla realtà conosciuta o alla mentalità e agli usi sociali dei personaggi. Difficile è soprattutto far passare le informazioni di contesto senza che il lettore se ne accorga, trasportandolo così, in modo naturale, dentro le vicende. Per fare questo non si può abusare delle note, utili al più per qualche breve e in nessun altro modo esplicabile informazione "di servizio". Se si pensa di non essere in grado di "far passare" la contestualizzazione completa della storia attraverso le vicende narrate molto meglio, secondo me, affidarsi ad un prologo, di cui, non a caso, fa spesso uso questo genere di narrativa. Sempre nella prima metà ho trovato la narrazione un po' monocorde, priva di slancio (la morte di Tarixa ne è un esempio), come se l'autore fosse preoccupato di seguire la traccia che aveva in mente più che di immergersi anima, corpo e cuore nella scrittura. Certe reazioni dei personaggi, certi dialoghi, certi approcci poco sentiti alle varie situazioni finiscono col far perdere la presa di chi legge, sono errori tipici da scrittori acerbi che un buon editing avrebbe il dovere di correggere. Nella seconda metà, quando l'autore si è tolto il peso della contestualizzazione e ha evidentemente acquisito dimistichezza coi suoi personaggi e una palese maggiore sicurezza e fluidità nella scrittura, le pagine volano veloci, la trama diventa appassionante e i personaggi cominciano ad entrarti dentro, dando la concreta impressione, in certi punti, di essere al cospetto di un buon scrittore che ha nelle proprie corde una prosa semplice e diretta in grado, se ben controllata, di catalizzare l'attenzione; uno scrittore meritevole, una volta sgrezzato dalle imperfezioni e dalle ingenuità, di essere presentato al grande pubblico.              

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